Cancroregina by Tommaso Landolfi

Cancroregina by Tommaso Landolfi

autore:Tommaso Landolfi [Landolfi, Tommaso]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2023-07-17T22:00:00+00:00


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Si venne così al giorno fatale. Gli avvenimenti che hanno profondo e durevole significato per una vita o per una coscienza d’uomo, le cose persino che per l’umanità tutta allungano le loro conseguenze, buone o cattive, in un annoso, magari eterno futuro e affondano le loro premesse in un passato di imprecisabile durata, anche questi avvenimenti hanno un tempo, un breve tempo terreno e sempre sono, pur se di lunga mano previsti, in certa misura improvvisi: ci pare che così gran fatto non possa esser seguito in così corta ora, e non sappiamo che sovente esso è concentrato in un attimo addirittura. Quando poi sia seguito alcunché di irreparabile, e ancor più se di tristamente irreparabile, non ci par vero, un istante dopo, che non si possa, con qualcosa di simile a ciò che nello spazio è un passo indietro, richiamare tutto alla sua precedente condizione, per ricominciare tutto daccapo, per riflettere ancora... e, se si vuole, compiere lo stesso medesimo atto. Ma vero è. Ecco, tutto è come un sogno, non può far parte della realtà quello che è accaduto; e tutto è tanto reale, che fa già parte del passato. (Pomposo esordio, penserà il mio inesistente lettore, per codesto tuo fatterello. Eh, pensi ciò che vuole, dacché non esiste, e si abitui se può alle mie tirate).

Egualmente improvviso giunse su me ciò che da tanti giorni aspettavo.

Le condizioni di Filano si erano andate specialmente aggravando oltre il centomillesimo chilometro di altezza, o di elongazione. La cosa capitò verso il duecentomillesimo, circa pertanto a mezza strada tra la terra e la luna. Erano trascorsi un po’ più di due mesi dalla nostra partenza.

Una mattina, dunque, Filano si levò dalla sua cuccetta, dove tutto faceva ormai fuorché dormire, particolarmente agitato, abbandonandosi a parole e ad atti che più non serbavano la menoma traccia di coerenza, e manifestandomi ormai un’aperta avversione. Si aggirava freneticamente, come una belva, per la cella, mi si piantava a un tratto davanti, riprendeva a dimenarsi, e sembrava sempre sul punto di saltarmi addosso. I suoi centri inibitori apparivano distrutti. Le sue giornaliere occupazioni avevano anch’esse perduto ogni apparenza di coordinazione: nella sua smemoratezza, egli veniva qua e là inconsultamente toccando gli strumenti e variamente sollecitando, senza alcuna necessità, gli organi interni di Cancroregina, il che da ultimo poteva costituire un pericolo. Rideva, piangeva, urlava, schiamazzava, fremeva, sussultava, si scoteva, in preda a infrenabili accessi. Pareva volesse incenerirmi collo sguardo; una volta, invece, fermatosi in tronco di fronte a me, mi raccomandò con straziante commozione la sua creatura, poiché, disse, sarebbe presto morto ed essa rimasta sola al mondo. Sul mio proprio stato non occorre mi dilunghi. Appena un po’ meno sconvolto, io non potevo se non chinare il capo e dimettere le orecchie in attesa dell’«ultimo parossismo», che sarebbe stato spaventevole: a intraprendere alcunché contro di lui non era neppur da pensare, data la sua straordinaria forza fisica, senza dubbio centuplicata in quelle condizioni. Io non potevo, appena mi avesse aggredito, se non tentare in qualche modo di ucciderlo; sì, ucciderlo.



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